PAESTUM – seconda parte
La prima parte delle meraviglie di Paestum si trova qui.
Buona lettura.
Come accaduto dai loro predecessori, anche i Romani modificano il nome della cittadina che ora diventa Paestum,denominazione che la accompagnerà fino ai giorni nostri.
Il centro della rinnovata Paestum si popola di botteghe, di un mercato coperto, di edifici politici come il Comitium e la Curia, un Tabularium, l’archivio della città.
Al centro delle botteghe, i Romani collocano il Tempio dei Lari, dedicato agli spiriti degli antenati defunti ma ritenuto propizio per le attività commerciali. Alle sue spalle vi è uno spazio di 47 m x 21, noto anche come Santuario della Fortuna Virile.
In questo luogo grandioso si organizzavano le cerimonie rituali più importanti: i Veneralia. Si tenevano, solitamente, il primo aprile e durante la processione le donne. per lo più incinte, accorse presso la piscina sacra, immergevano la statua della dea nelle acque per propiziare un parto sicuro.
Il segno più forte della presenza romana è invece costituito dall’Anfiteatro eretto tra il I e il II secolo d.C., struttura indispensabile per qualsiasi città romana di prestigio.
A Paestum, dunque, la tradizione romana si fonda in maniera talmente perfetta con quella greca da indurre, in seguito, gli storici a chiamare uno dei capolavori greci della città con un appellativo Romano: la Basilica.
E’ così infatti che viene chiamato il Tempio dedicato a Hera costruito intorno al 530 a.C. dagli abitanti di Poseidonia e successivamente, probabilmente, dedicato anche a Zeus, come testimonierebbe la statua di questi rinvenuta nei pressi del tempio.
E’ un tempio la cui mancanza dei frontoni ha lasciato supporre, agli studiosi recenti, che potesse trattarsi di un edificio adibito a funzioni civili. Invece è un tempio periptero, con 9 colonne sui due fronti e 18 sui lati: il numero dispari di colonne presenti sulla facciata testimonia la grande arcaicità del tempio.
La cella del Tempio è divisa in due parti da un colonnato e proprio questo particolarità lascia supporre che il luogo sia stato dedicato al culto di due divinità differenti. La molteplicità delle divinità è confermata dalla presenza di una serie di altari votivi collocati nelle vicinanze del Tempio di Hera e dalla presenza di un Tempietto dedicato alla Mater Matuta e di quello circolare posto vicino al mercato, noto come Tempio di Ercole.
All’interno di quest’area, dove la tradizione romana si sposa armonicamente con quella greca, si staglia l’edificio più solenne dell’intera area archeologica di Paestum: il Tempio di Nettuno.
Costruito a metà del V secolo a.C., il tempio è uno degli edifici storici più sontuosi e meglio conservati dell’intera Magna Grecia. La grandiosità del tempio è arricchita al suo interno da tre navate divise da due file di colonne disposte su due piani superiori, a cui si accedeva da due rampe di scale.
A est del tempio si trovano due altari, uno legato alla costruzione originale e l’altro successivo, di epoca romana tardo repubblicana. Numerose sono le interpretazioni sulla divinità a cui viene effettivamente dedicato il tempio: se il nome di Nettuno è legato alla Poseidonia greca, i reperti rinvenuti all’interno fanno pensare a un legame con le divinità Hera e Zeus e a una successiva come Apollo.
Non sono Tuttavia solo i templi con la loro magnificenza a rimanere negli occhi di chi visita l’antica Paestum: restano anche le opere realizzate su scala ben più piccola a rimanere nella memoria dei visitatori. Su uno sfondo color latte, un uomo si libera in aria teso a raggiungere il blu chiaro delle acque sotto di lui: la Tomba del Tuffatore!
Quello che a prima vista sembra un vero e proprio affresco è in realtà la lastra principale di una tomba rinvenuta nel 1968 in una piccola necropoli distante poco più di un chilometro dal centro di Paestum. Le lastre laterali mostrano invece i partecipanti a un vero e proprio Simposio che si abbandonano a celebrazioni condite da musica e dal kottabos, un gioco in cui bisognava lanciare una goccia di vino da una coppa all’altra
La lastra principale è quella che cattura lo sguardo di quello che, a prima vista, potrebbe apparire come uno sportivo. In realtà questo pannello potrebbe rappresentare la visione metaforica del passaggio a una dimensione ultraterrena. Poche notizie si hanno del defunto rappresentato se non che, con ogni probabilità, potesse essere un personaggio appartenente a una famiglia non integrata con la cittadinanza pestana.
Queste lastre, il loro corredo simbolico e l’armonia del tratto dell’artista che ha tracciato le figure sulle superfici del sepolcro, sono uno dei simboli dell’antica Paestum, un’icona complementare a quella dei Templi, il reperto straordinariamente suggestivo che ha resistito anche ai lunghi secoli in cui la memoria di Paestum è stata avvolta da un progressivo oblio.
Questa oscurità è stata rischiarata un giorno da parole illustri: << Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica >>. Così lo scrittore Johann Wolfgang Goethe descrive le rovine di Paestum da lui osservate durante il suo viaggio italiano nella primavera del 1787.
Nel corso dei secoli, Paestum è stata progressivamente resa insalubre dalle acque del fiume Salso: da quel momento un progressivo abbandono prima volge e infine inghiotte Paestum e le sue meraviglie.
Nei secoli successivi i fasti pestani rivivono solo nella memoria collettiva e nei racconti degli storici, affiorando, a partire dal XVIII secolo, insieme alla progressiva emersione delle sue romantiche rovine.
Daniele Mancini
Per ulteriori approfondimenti:
- AA.VV, Paestum, Istituto per la storia e l’archeologia della Magna Grecia, Taranto 1987
-
M. Cipriani, A. Pontrandolfo, Paestum. Scavi. Ricerche, restauri, Paestum 2010
- Parco Archeologico di Paestum