RESTAURATE ISCRIZIONI GEROGLIFICHE DEL TEMPIO DI ESNA, EGITTO
Più di 200 anni dopo la riscoperta del Tempio di Esna, un team di ricerca tedesco-egiziano ha liberato, da strati di fuliggine e depositi di microrganismi, i colori originali delle iscrizioni geroglifiche e dei rilievi che, dunque, possono essere ammirati con quei colori vivaci con i quali sono stati realizzati.
Il progetto, guidato dall’egittologo Christian Leitz, ha anche scoperto nuove iscrizioni che rivelano per la prima volta gli antichi nomi egizi delle costellazioni. Il lavoro di restauro è una collaborazione tra l’Institute for Ancient Near Eastern Studies (IANES) dell’Università di Tubinga e il Ministry of Tourism and Antiquities egiziano.
Il Tempio di Esna, posto a circa 60 chilometri a sud di Luxor, è lungo 37 metri, largo 20 e alto 15. La parte più antica della struttura visibile oggi è il muro occidentale, oggi il muro di fondo, che sarebbe stata la facciata del tempio originale, raffigurante rilievi di Tolomeo VI Filometore e Tolomeo VIII Evèrgete Trifóne, detto il Fiscone. La parte del tempio che vediamo oggi è circa un quarto della dimensione dell’edificio originale.
La copertura della sala ipostila è ancora intatta, sostenuta da 24 colonne ciascuna con diversi capitelli floreali. Sono decorati con testi che descrivono le feste religiose della città e con diversi imperatori romani rappresentati davanti alle divinità. Una delle colonne mostra l’imperatore Traiano che balla davanti alla dea Menheyet.
Il Tempio di Esna era dedicato a Khnum e a Neith, quali personificazioni maschile e femminile del dio creatore. Anche se i resti dell’edificio sacro risalgano prevalentemente all’epoca romana, vi sono testimonianze che inducono a ritenere che Khnum vi fosse venerato già a partire dal Nuovo Regno. I testi di Esna riferiscono miti cosmogonici in cui Khnum assume la funzione di demiurgo cosmico.
La realizzazione delle decorazioni probabilmente ha richiesto fino a 200 anni. Il Tempio di Esna è famoso per il suo soffitto astronomico e soprattutto per le iscrizioni geroglifiche. Sono considerati il corpus di testo geroglifico più recente che è stato conservato e che descrive le idee religiose del tempo e gli eventi di culto nel sito.
La sua posizione nel centro della città ha probabilmente contribuito al fatto che il pronao sia stato conservato e non è stato utilizzato come cava di materiali da costruzione, come altri edifici antichi, durante l’industrializzazione dell’Egitto. In effetti, il tempio era diventato parte della città moderna con case e baracche costruite direttamente contro alcune delle sue mura, con cumuli di macerie accantonate, come si può vedere sulle cartoline del XIX e dell’inizio del XX secolo. Nella prima metà del XIX secolo, la sala ipostila fungeva da magazzino per il cotone.
Già al tempo di Napoleone, il pronao attirava l’attenzione degli egittofili del tempo poiché era considerato un esempio ideale di architettura dell’antico tempio egizio. La vera ricchezza, le iscrizioni, fu riconosciuta tale dall’egittologo francese Serge Sauneron (1927-1976), che portò avanti lo scavo del tempio e ne pubblicò integralmente le iscrizioni con i colori originali celati sotto gli strati di fuliggine e gli escrementi di uccelli.
Questi materiali sono stati rimossi e il tempio è stato riportato allo splendore di circa 2.000 anni or sono. Secondo Leitz, Il Tempio di Esna offre nuovi approcci per la ricerca egittologica perché i geroglifici esplorati da Sauneron, che sembravano scolpiti in modo molto approssimativo, grazie ai dettagli dei colori riportati in luce, sono mostrate le vere decorazioni che potevano essere osservata a quel tempo. Nell’area del soffitto astronomico, molte iscrizioni non sono state eseguite in rilievo, ma solo dipinte: il restauro ha permesso di mostrare i nomi nascosti delle antiche costellazioni egizie, in precedenza completamente sconosciute.
Dal 2018, i ricercatori di Tubinga collaborano con le autorità egiziane per scoprire, preservare e documentare gli strati delle decorazioni. Anche durante la pandemia di coronavirus, il lavoro è continuato grazie a un team egiziano di 15 restauratori e da un capo conservatore del ministero egiziano. A intervalli regolari, i risultati vengono documentati fotograficamente e regolarmente pubblicate.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Università di Tubinga