ALCUNI RITI DELLA SEPOLTURA NELL’ANTICO EGITTO – seconda parte
Con l’articolo COME COSTRUIVANO LE TOMBE DELLA VALLE DEI RE ho iniziato un preciso resoconto del modus operandi egiziano relativo al culto dei morti. Oggi vi scrivo dei riti della sepoltura che accompagnavano i defunti reali nella vita dopo la morte.
Buona lettura.
La notizia della morte del faraone era di grande importanza per gli operai di Deir el-Medina, non solo perché l’intronizzazione di un nuovo sovrano significava un nuovo lavoro, ma anche perché era necessario terminare velocemente le ultime rifiniture alla tomba e al ricchissimo mobilio funerario che doveva accompagnare il re nella sua ultima dimora, tutte operazioni che comportavano maggiori possibilità di ottenere paghe supplementari.
Generalmente intercorrevano tre mesi tra la morte del sovrano e la sua sepoltura: il tempo necessario per il complesso rituale dell’imbalsamazione e della preparazione del corpo, che, dopo essere stato immerso per settanta giorni nel natron, veniva avvolto in un primo strato di bende di lino finissime su cui erano posti, in punti ben precisi, numerosi amuleti, ricoperti poi da un secondo strato di bende più larghe impregnate di resine ed essenze aromatiche[1].
Il corteo funebre, che partiva dal palazzo reale, giungeva nell’Occidente di Tebe e imboccava il “cammino dove Ra tramonta” dirigendosi verso “la grande e augusta necropoli dei milioni di anni di Faraone Vita Forza Salute nell’Occidente di Tebe“. La mummia reale, nel suo sarcofago di legno, era seguita da gruppi di donne che urlavano e piangevano, mentre i sacerdoti dal cranio rasato bruciavano incenso agitando i sistri. Giunto davanti alla tomba, il sarcofago veniva raddrizzato e il grande sacerdote o, talvolta, il nuovo faraone, compiva il rituale dell’ “Apertura della bocca“, in forza del quale il defunto riacquistava magicamente l’uso della bocca e poteva, così, nuovamente parlare, bere e nutrirsi[2]. Poi le spoglie reali venivano portate nella camera sepolcrale, dove era stato preparato da tempo un monumentale sarcofago di pietra su cui veniva posto il pesante coperchio scolpito in altorilievo con l’immagine del re[3].
Mentre i familiari e gli amici iniziavano il banchetto funebre, gli operai chiudevano ermeticamente l’ingresso della tomba, sul quale venivano apposti i sigilli della necropoli. Non sempre l’entrata veniva nascosta ma, soprattutto a partire dalla XIX Dinastia, era lasciata in evidenza, poiché le guardie della necropoli, oltre a presidiare la strada di accesso alla Valle, ispezionavano regolarmente i sigilli per verificane l’integrità e redigevano accurati rapporti. Una volta che la tomba era chiusa e sigillata, nessuno poteva più entrarvi.
La Valle stessa era un luogo proibito dove solo gli operai e le guardie potevano aggirarsi: il culto del re defunto non richiedeva mai un ritorno sul luogo della sepoltura e veniva praticato lontano, sui bordi della piana nilotica, nei “Templi dei milioni di anni” dove il re si univa all’eternità nei possedimenti di Amon nell’Occidente di Tebe.[4].
Daniele Mancini
Note bibliografie e approfondimenti:
[1] REEVES-WILKINSON, 1998, pp. 39-40
[2] HAWASS, 2006, pp. 59-62
[3] REEVES-WILKINSON, 1998, pp. 41-44
[4] SILIOTTI, 2004, pp. 28-29