STUDIO SUGLI ACCAMPAMENTI TEMPORANEI ROMANI DELL’ARABIA SETTENTRIONALE
Nell’anno 106, i Romani annetterono il Regno nabateo e lo ribattezzarono Arabia Petraea, la provincia romana della Penisola arabica. Secondo gli storici romani, sarebbe stato un processo non violento successivo alla scomparsa dell’ultimo re nabateo, Rabbel II Soter. Nell’arido deserto dell’Arabia settentrionale, gli archeologi hanno scoperto le tracce di probabili tre accampamenti dell’esercito romano situati in linea retta tra l’oasi di Bayir, vicino alla capitale nabatea di Petra, e Dûmat al-Jandal.
Secondo Michael Fradley, Andrew Wilson, Bill Finlayson e Robert Bewley della Scuola di Archeologia dell’Università di Oxford su un articolo pubblicato sulla rivista Antiquity, il percorso retto potrebbe attestare una campagna militare per intimorire i Nabatei, verso Dûmat al-Jandal, un insediamento nabateo.
Nelle preliminari indagini di remote sensing, le immagini satellitari, comprese quelle di Google Earth, hanno individuato i siti ora inclusi nel progetto Endangered Archaeology in the Middle East and North Africa (EAMENA).
Gli archeologi ritengono che se i campi dovessero essere romani, l’acquisizione della ricca regione nabatea potrebbe essere stata non violenta, come descrivono gli annalisti romani perché le legioni invaditrici potrebbero essere state inviate attraverso terre non occupate da migliaia di anni, attestabile anche dalla completa mancanza di tracce di antichi insediamenti.
L’individuazione dei siti è comunque una scoperta straordinaria perché le strutture temporanee dell’esercito romano si sono rivelate spesso sfuggenti nelle ricerche archeologiche precedenti. I siti sono stati fotografati dal .
Le immagini satellitari, ottenuto con il contributo del progetto The Aerial Archaeology in Jordan, non è certo che rilevino castra romani. Due dei tre sono stati individuati solo nell’ottobre 2022 ma non sono seguiti scavi, almeno non ancora. Tuttavia, Fradley afferma di essere sicuro al 99% che siano accampamenti romani temporanei il cui metodo costruzione è lo stesso standardizzato di quelli realizzati nel resto dell’impero, con perimetri realizzati con muretti in pietra e fossati all’esterno.
L’ipotesi dei tre accampamenti romani nel mezzo dell’Arabia settentrionale può essere, comunque, solo ipotizzata, considerando l’assenza di notizie su questa campagna nelle fonti antiche. Il sito di un probabile accampamento appena prima di Dûmat al-Jandal è a 33 chilometri mentre quello successivo sarebbe posto ad altri ancora 44 chilometri che, però, potrebbero essere piuttosto lontani per far camminare un giorno delle coorti di fanti che, probabilmente, non servivano.
Gli archeologi ipotizzano, dunque, che gli accampamenti fossero eretti per la cavalleria, probabilmente cammelli. Gli antichi romani usavano i camelidi, una famiglia che comprende cammelli e animali simili come lama e alpaca, i cui resti sono stati trovati in siti romani differenti, animali che avrebbero fornito un enorme vantaggio per i terreni accidentati del deserto arabico settentrionale.
Secondo i ricercatori, questi accampamenti erano utilizzati esclusivamente per una campagna di rapido movimento nel 106 d.C., per una rapida acquisizione del ricco Regno nabateo E teorizzano che, in base alle distanze, dovrebbe esserci un altro accampamento più a ovest, a Bayir, dove sarebbe sorto un successivo forte omayyade.
Ora tutte le ipotesi dovrebbero essere confermate attraverso delle campagna di scavo archeologico e confermare se la campagna d’Arabia, non citata dalle fonti, sia stata breve o lunga, violenta e sanguinaria o meno, quanti uomini avrebbe coinvolto e se avessero resistito al deserto.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini