giovedì, 21 Novembre 2024
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TOP 10 DELLE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE 2023 – ultima parte

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Questa è l’ultima parte della  classifica Top 10 delle scoperte archeologiche 2023 elaborata dalla rivista ARCHAEOLOGY, una pubblicazione dell’Archaeological Institute of America, secondo gli editori della rivista stessa. Per la prima parte, clicca qui. Buona lettura.


Kalambo River, Zambia. Raramente una singola tra le scoperte archeologiche ha cambiato le opinioni degli studiosi sulle capacità dei gruppi umani antichi in modo così radicale come la scoperta della prima architettura in legno conosciuta al mondo, che risalirebbe a quasi mezzo milione di anni fa. La coppia di tronchi intrecciati uniti da una tacca tagliata intenzionalmente è stata portata alla luce sotto una sponda del fiume Kalambo nello Zambia da un team guidato dall’archeologo dell’Università di Liverpool, Larry Barham. I ricercatori ritengono che i tronchi potrebbero aver fatto parte di una passerella o delle fondamenta di una piattaforma costruita su zone umide. Prima di questa scoperta, le più antiche strutture in legno sopravvissute furono costruite da persone che vivevano nell’Inghilterra settentrionale circa 11.000 anni fa.

La struttura in tronchi, risalente a 476.000 anni fa, precede la comparsa dei primi esseri umani moderni di circa 150.000 anni ed era probabilmente opera degli ominidi denominati Homo heidelbergensis. I paleoantropologi ritengono che H. heidelbergensis fosse altamente mobile e risulterebbe molto sorprendente che abbiano investito lavoro nella costruzione di una struttura semipermanente. Secondo Barham, la manipolazione di un loro ambiente su così larga scala, suggerisce un attaccamento a un singolo punto del paesaggio.

Nello stesso sito, il team ha portato alla luce asce di pietra e quattro strumenti di legno risalenti a un periodo compreso tra 390.000 e 324.000 anni fa. Questi includevano un bastone da scavo, un oggetto a forma di cuneo, un ramo dentellato e un tronco appiattito. I segni sul tronco, osserva Barham, non assomigliano tanto a graffi di utensili su un banco da lavoro, invitando a speculare su quali altre strutture un fantasioso falegname di H. heidelbergensis avrebbe potuto modellare.

En Gedi, Israele. In una grotta vicino all’antico insediamento di Ein Gedi, sulle rive del Mar Morto, gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority hanno rinvenuto quattro spade di ferro estremamente ben conservate. Per gli archeologi, anche solo raggiungere la grotta è stata una sfida, poiché si trova a circa 15o metri su una remota parete rocciosa. Per accedere al sito di ritrovamento delle spade era necessario penetrare in profondità in una stretta fessura nella parte superiore della grotta.

Le tre lame più lunghe, che misurano tra circa 40 e 65 cm, sono spatha e hanno sostituito il gladio, più corto e arma principale utilizzata dalle truppe romane a cavallo e di fanteria. L’arma più corta è una spada con pomo ad anello, comunemente usata anche dai soldati romani di stanza nell’antica provincia della Giudea a partire dal I secolo d.C. Tre delle armi erano ancora inguainate nei loro foderi di legno originali.

Non è noto il motivo per cui le spade fossero nascoste nella grotta, anche se una moneta trovata vicino all’ingresso potrebbe fornire alcuni indizi. La moneta di bronzo include un’iscrizione che recita “Per la libertà di Gerusalemme” e risale probabilmente al 134 o 135 d.C. e coincide con il periodo della rivolta di Bar Kokhba, in cui gli Ebrei si ribellarono al dominio romano. I ricercatori ritengono che i ribelli locali potrebbero aver preso le spade dai soldati romani e averle nascoste in un nascondiglio segreto per utilizzarle nel conflitto.

Old Dongola, Sudan. Durante le indagini su una abitazione risalente al XVI secolo a Old Dongola, un tempo capitale del Regno medievale nubiano di Makuria (dal 400-1400 d.C. circa), un team del Centro polacco di archeologia mediterranea dell’Università di Varsavia ha scoperto una rete sconcertante di ambienti ipogei. Sulle pareti di uno di questi ambienti, uno spazio stretto con volta che misura appena un metro di larghezza e nove di lunghezza, gli archeologi hanno trovato diversi affreschi che ritengono risalgano al XIII secolo. Secondo Artur Obłuski, coordinatore della ricerca, uno di questi raffigura la Vergine Maria, in un altro una scena in cui l’arcangelo Michele tiene tra le braccia un re nubiano e lo presenta a Gesù, che siede su una nuvola e tende la mano al re da baciare, tutto in una cornice insolita per l’arte cristiana bizantina, che generalmente non mostra molta interazione o contatto tra mortali e immortali.

I ricercatori sospettano che questo quadro sia collegato a un momento fatidico nella storia makuriana. Un’iscrizione dell’antica Nubia, che accompagna la scena, include diversi riferimenti a un re di nome Davide e una supplica a Dio per la protezione della città. Obłuski ritiene che sia probabile che il dipinto raffiguri il re nubiano Davide che, per ragioni sconosciute, lanciò un attacco al Sultanato mamelucco d’Egitto alla fine del XIII secolo. Anche se la campagna ebbe un certo successo iniziale, nel 1276 i Mamelucchi reagirono con forza e avanzarono su Dongola.  Obłuski ritiene che questo dipinto murale e l’iscrizione siano una sorta di preghiera per contrastare l’avvicinamento dell’esercito mamelucco. La richiesta, ovviamente, fallì poiché i Mamelucchi saccheggiarono Dongola e alla fine catturarono e giustiziarono il re Davide.

San Casciano dei Bagni, Italia. Tra le  scoperte archeologiche per eccellenza del 2023! All’inizio del I secolo d.C., un fulmine colpì un santuario in località detta Bagno Grande. Per secoli la piscina termale del santuario era stata sacra sia agli Etruschi che ai Romani e quando un fulmine colpì, i sacerdoti del santuario furono costretti, secondo le credenze sia etrusche che romane, a seppellire in una favissa sacra, sotto uno strato di piastrelle di terracotta, centinaia di ex voto portati dai pellegrini nel corso degli anni.

Questo antico rituale, noto come fulgur conditum , o “fulmine sepolto”, aveva lo scopo di sigillare gli oggetti e contrassegnare il luogo come particolarmente sacro. L’archeologo Jacopo Tabolli dell’Università per Stranieri di Siena descrive come una sorpresa la scoperta di queste offerte, che includono statue in bronzo di uomini, donne, bambini, divinità e singole parti del corpo.

Tra i reperti più rari ci sono 14 grandi statue in bronzo, alcune delle quali recano dediche a divinità tra cui Apollo, Asclepio, Igea, Iside e Fortuna Primigenia, tutte associate alla salute e alla guarigione. Importante quanto i singoli reperti, spiega Tabolli, è il contesto sigillato in cui sono stati rinvenuti.

L’archeologo ritiene che la scoperta eccezionale è il fatto che sia possibile svelare il contesto sacro e il paesaggio del sito analizzando tutti gli elementi, dal fango al bronzo. Romani ed Etruschi interagirono ininterrottamente a partire dall’inizio del I millennio a.C., anche durante i momenti di conflitto e di pace. Nel santuario sono possibili indentificare spazi sicuri in cui si sono fuse identità di diverse comunità e culture, anche dopo che una parte della piscina fu interrata. Dal I al V secolo d.C., il sito fu considerato sacro dai fedeli pagani, che lasciarono ancora più offerte, per lo più monete di bronzo, alberi, rami e frutti, e successivamente anche dai Cristiani.

 

— FINE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE 2023 —

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Top 10 delle scoperte archeologiche Archaeology

 

 

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