TOP 10 DELLE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE 2024 – seconda parte
La rivista ARCHAEOLOGY, una pubblicazione dell’Archaeological Institute of America, pubblica la sua solita classifica della Top 10 delle scoperte archeologiche, secondo gli editori della rivista stessa. Ecco la seconda parte di quelle del 2024; per la prima parte, clicca qui.
Buona lettura.
Circa 140 milioni di anni fa, durante il periodo Cretaceo inferiore, i dinosauri vagavano nel Brasile nord-orientale, lasciando dietro di sé impronte, oggi fossilizzate, che danno alla zona il suo nome popolare: Valle dei dinosauri. I residenti locali e i ricercatori conoscono le tracce di dinosauri teropodi, sauropodi e iguanodonti nel sito di Serrote do Letreiro da almeno un secolo. Finora, tuttavia, gli studiosi hanno prestato poca attenzione ai petroglifi con raffigurazioni geometrici che gli antichi artisti hanno inciso negli stessi affioramenti di arenaria tra 9.000 e 3.000 anni fa. In alcuni casi, le raffigurazioni sono a pochi centimetri dalle tracce dei dinosauri e utilizzando metodi tradizionali di indagine sul campo e la fotografia con i droni, un team interdisciplinare di archeologi e paleontologi, guidato dall’archeologo Leonardo Troiano del National Center for Archaeology presso l’Istituto Nazionale per il Patrimonio storico e artistico del Brasile, ha identificato e documentato più di 50 di questi petroglifi su un’area di quasi 5000 metri quadrati.
I petroglifi, che vanno da meno di tre centimetri a più di 30 centimetri di diametro, includono cerchi divisi da linee perpendicolari, forme che ricordano stelle e curve serpentine e distintive impronte a tre dita che sembrano impronte di animali. Motivi simili sono stati trovati in almeno altri 150 siti di arte rupestre in tutto il Brasile nord-orientale, anche se nessuno appare in prossimità di impronte di dinosauri. Questi dettagli suggeriscono, secondo Troiano, che gli individui preistorici, non del periodo dei dinosauri ma molto successivi, che creavano arte in tutta la regione condividevano diversi modi di esprimersi e si spostavano frequentemente, probabilmente erano cacciatori-raccoglitori.
Sebbene il significato dei disegni rimanga poco chiaro, Troiano ritiene che il loro posizionamento non sia stato casuale: esistono tracce, ritiene Troiano, che dimostrano che gli individui erano a conoscenza dei resti paleontologici, attribuendogli un significato, abbastanza importanti da spingerli a posizionare il loro codice simbolico proprio accanto a queste impronte di dinosauro.
Una scoperta in una remota regione della Siberia ha rivelato tracce che le origini, un tempo oscure degli Sciti, si trovano molto più a est di quanto si pensasse in precedenza. Gli Sciti sono meglio conosciuti come guerrieri nomadi la cui cultura incentrata sui cavalli fiorì da circa il 900 al 200 a.C. attraverso la steppa eurasiatica e nell’Europa orientale.
Lo storico greco del V secolo a.C., Erodoto, descrive un rituale che gli Sciti praticavano dopo i funerali reali in cui sia uomini che cavalli, che gli studiosi chiamano “cavalieri spettrali”, venivano sacrificati e posti in cima al tumulo funerario del sovrano. Durante gli scavi in un sito nella Repubblica di Tuva, nella Siberia meridionale, un team di archeologi, tra cui Gino Caspari, del Max Planck Institute of Geoanthropology, Timur Sadykov e Jegor Blochin, dell’Accademia russa delle Scienze, ha portato alla luce resti umani e animali in cima a un tumulo della fine del IX secolo a.C., noto come Tunnug 1. Hanno stabilito che i resti appartenevano a diverse persone e 18 cavalli, che ritengono siano stati tutti sacrificati per onorare un personaggio importante deposto al suo interno. Secondo Caspari, questa scena rispecchia il rituale descritto da Erodoto che descrive come. man mano che ci si allontanava dai territori noti ai Greci, i resoconti diventano più fantastici e selvaggi.
Il team è stato fortunato a trovare prove della cultura scita, tra cui attrezzi per cavalli, armi e manufatti raffiguranti animali, poiché sono noti pochissimi monumenti simili a Tunnug 1 e sono stati difficili da localizzare nel vasto e anonimo paesaggio della steppa: la scoperta ha prodotto significative implicazioni per comprendere la rapidità con cui la cultura scita si sia diffusa dai suoi predecessori in Mongolia, dove l’uso estensivo di cavalli domestici nei rituali funebri e la costruzione di colossali monumenti in pietra per i defunti sono stati pionieristici.
Una tomba decorata, probabilmente appartenuta a un soldato di alto rango che prestò servizio in Spagna sotto l’imperatore Augusto (che regnò dal 27 a.C. al 14 d.C. ), è stata scoperta a Pompei. Dopo che il soldato fu congedato dal servizio militare, si ritirò nella baia di Napoli e ricevette la promessa di un monumento commemorativo su suolo pubblico, un grande onore. Secondo Maria Chiara Scappaticcio, dell’Università di Napoli Federico II, essere insigniti di un monumento funebre pubblico era tutt’altro che comune e rappresenta un riconoscimento formale da parte di Pompei della preminenza dell’uomo.
Gli operai hanno scoperto la tomba durante la ristrutturazione della biblioteca moderna di Pompei. A circa 10 metri sotto il livello del suolo, hanno portato alla luce un complesso semicircolare, noto come tomba a schola, di cui ne sono state trovate solo otto. Queste tombe assomigliano a panche di pietra con zampe di leone scolpite in entrambe le estremità ed erano riservate a contenere le urne solo dei pompeiani più importanti.
Un’iscrizione incisa sullo schienale della panca indica che la tomba fu dedicata a un uomo di nome Numerius Agrestinus Equitius Pulcher per ordine del “consiglio cittadino”. Il testo elenca gli incarichi che Numerius ottenne, tra cui tribuno militare, prefetto del genio dell’esercito e duumviro di Pompei, la carica elettiva più alta della città.
Gli archeologi sono rimasti sorpresi, tuttavia, da un altro degli incarichi di Numerius, prefetto degli Autrigoni, una posizione precedentemente sconosciuta. Gli Autrigoni erano una tribù celtiberica della regione spagnola della Cantabria che fu conquistata da Augusto durante le guerre cantabriche (29-19 a.C. ). Gli studiosi ritengono che Numerius fosse un importante capo militare a cui fu affidata la responsabilità di supervisionare la Cantabria durante o dopo la guerra. Secondo la Scappaticcio, l’iscrizione funeraria fornisce la prova di un prefetto che supervisionava i Cantabri e sebbene la brevità dell’iscrizione lasci molto incerto sul ruolo, essa conferma che Numerius Agrestinus ricoprì un’importante carica politica augustea in Spagna, gettando luce su un aspetto poco esplorato dell’amministrazione provinciale romana.
Fine seconda parte
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini