UNO 007 DELL’ARTE: RODOLFO SIVIERO – seconda parte
La vita di Rodolfo Siviero prosegue su questo blog. Un uomo che ha contribuito a salvare l’anima del nostro paese e che merita questo doveroso tributo.
Buona Lettura!
Dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia si spacca in due, i Nazisti iniziano vere e proprie razzie: saccheggiano, rubano e, a volte, distruggono. Hermann Goering fonda un’organizzazione incaricata ufficialmente di difendere le opere d’arte dalle distruzioni degli alleati, ma è solo una copertura per rubare di più e inviare tutto in Germania!
Le opere vengono ammassate su camion di fortuna, autocarri, treni, sparendo con l’anima del nostro paese: ci depredano dell’arte, della storia, della cultura, della nostra identità e Rodolfo Siviero è uno degli angeli che ha speso la sua vita a difendere l’anima dell’Italia, pezzettino per pezzettino.
Nel 1938, al rientro dalla Germania, Siviero frequenta un villino sul Lungarno fiorentino. E’ la casa di Giorgio Castelfranco, che nel 1939 perderà il lavoro in quanto ebreo. E’ ormai chiaro a tutti che la rivoluzione fascista è solo un’illusione. Nel villino di Castelfranco, agli inizi del 1940, Siviero e altri si incontrano per formare un’organizzazione clandestina con il compito di controllare e recuperare le opere d’arte rubate. Tra i membri dell’organizzazione ci sono militari, operai e contadini e il loro capo è Rodolfo Siviero.
Nell’ottobre del 1943, all’Abbazia di Montecassino, arrivano due ufficiali agli ordini di Goering: qui sono nascosti i capolavori del Museo di Capodimonte e del Museo Archeologico di Napoli. Era normale prassi che le Soprintendenze inviassero a Montecassino le opere d’arte che correvano il rischio sotto eventuali bombardamenti. I due ufficiali tedeschi dicono all’abate che le opere devono essere trasferite a Roma per ragioni di sicurezza: l’Abbazia sta per essere bombardata e deve essere evacuata. L’abate cerca di opporsi ma i due tedeschi sono irremovibili e già il 3 novembre l’abbazia è completamente spoliata.
Nel gennaio del 1944 arrivano a Roma 31 camion tedeschi carichi di 172 casse di opere d’arte e 600 casse di libri e manoscritti. Sembrerebbe che l’esercito tedesco abbia salvato una fetta del patrimonio culturale italiano! Ma mancano due camion: i tedeschi dicono che c’è stato un incidente lungo il percosro e che presto arriveranno. Ma non giungeranno mai nella capitale. All’interno vi erano opere uniche e importanti come la Danae di Tiziano!
Con la sua organizzazione Siiviero si muovo nell’ombra, collaborando con alleati e partigiani, cercando di contrastare l’opera dell’organizzazione di Goering e controllandone tutti i movimenti, segnalando agli Alleati di non bombardare quel preciso autocarro lungo quella precisa strada. Inoltre, presso la villa di Castelfranco, conserva dei precisi registri di tutte le opere d’arte rubate o trafugate illegalmente dai Tedeschi, realizzando un enorme lavoro di inventario.
Qualche tempo dopo, sempre nel 1944, Siviero viene catturato e torturato da una di quelle organizzazioni fasciste di Firenze e viene rinchiuso a Villa Triste, la celebre casa delle torture. Siviero ne riesce a fuggire e da Siena raggiunge Roma nell’estate del 1944, quando molte città italiane sono state liberate.
In quel periodo i Tedeschi hanno fretta e organizzano un treno, da Firenze diretto a nord, per portare via tutte le opere accumulate, verso le collezioni private di Hitler e Goering. Siviero vuole riportare quelle opere a casa e cerca di impedirne la fuga.
Fino alla II Guerra Mondiale nessuna polizia europea aveva una sezione specializzata per il furto delle opere d’arte perché il compito era demandato ai normali servizi di polizia e le opere d’arte erano trattate alla stregua di furti di gioielli, falsificazioni di titoli in borsa. A causa del saccheggio sistematico operato dai Nazisti, i traffici di opere d’arte diventano oggetto di attenzione particolare da parte degli organi di polizia e dei servizi segreti. Il nucleo operativo di Siviero è da considerarsi l’antenato del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Artistico italiano.
Con la fine della guerra nel 1945 le opere d’arte trafugate dall’Italia sono tantissime ma Siviero conosce perfettamente dove siano finiti perché ha seguito ogni camion e ogni treno, trascrivendone ogni dettaglio. In uno dei suoi diari scrive: “Furono stabiliti numerosi posti fissi nelle località che interessavano, dalla Toscana al Brennero, e il servizio continuo di collegamento rese possibile il controllo del nemico”.
Dopo la guerra l’organizzazione clandestina di Siviero può uscire allo scoperto e diventare ufficiale: nell’aprile del 1945 nasce il primo Ufficio Recuperi, con a capo proprio Rodolfo Siviero. A Roma incontra i vecchi amici, Giorgio de Chirico e Giorgio Castelfranco, che collabora moltissimo con l’Ufficio Recuperi. Il 17 maggio del 1945 arriva l’attesa notizia che gli Alleati hanno trovato in Alto Adige le opere trafugate dai musei di Firenze e di Napoli. E’ stato grazie alle ricerche di Siviero che quelle opere sono state ritrovate: il 21 giugno, ben 428 casse tornano a Firenze ma alla’appello mancano il Discobolo Lancellotti, la Danae di Tiziano e la Madonna del Velo di Sebastiano del Piombo.
Un mese dopo, il 21 luglio, gli Alleati annunciano di aver trovato un altro deposito tedesco, in Austria, nelle miniere di sale di Altaussee, vicino Salisburgo: Siviero organizza una missione di recupero in accordo con gli Alleati e grazie alle sue capacità di trattare, alle sue conoscenze internazionali e alla documentazione raccolta, molte opere vengono riconosciute e riportate in Italia. In preda a una forte emozione, Siviero scopre quelle casse coperte di fango e ritrova la Danae e la Madonna, seppur rovinate, ma salve!
Le miniere di sale di Altaussee conservano ancora oggi gli scaffali in cui erano stivati i capolavori accumulati, non solo italiani: in questa razzia oltre 6000 dipinti, 3000 disegni, una quantità di sculture non indifferente. Nelle recenti ricostruzioni cinematografiche dei recuperi nelle miniere di sale (si veda The Monuments Men di Geog Clooney del 2014, ndr), la figura di Siviero è stata però portata a livelli molto marginali.
Nel 1946 Siviere è nominato ministro plenipotenziario, vale a dire con particolari incarichi diplomatici: il suo Ufficio Recuperi ha lavorato molto bene e il 13 agosto del 1947 un treno giunge a Roma con una messe di opere d’arte recuperate. Ma il simbolo delle razza ariana secondo Hitler, il Discobolo Lancellotti ritrovato nel 1948 e altre opere restano bloccate: i Tedeschi sono irremovibili perché l’hanno pagata in una normale compravendita. Ma i burocrati italiano sono anche peggio perché sembrano avallare questa versione. Gli Alleati studiano la documentazione e riescono a sbloccare l’opera e il Discobolo torna in Italia.
Rodolfo Siviero muore nel 1983 per un male incurabile e lascia tutti i suoi beni, incluso la sua casa, alla Regione Toscana che ne fa un museo: la sua tomba si trova nella Chiesa della S.S. Annunziata, assieme alle tombe di Benvenuto Cellini e di Jacopo da Pontormo, sotto una lapide senza iscrizioni, anonima e clandestina, come la sua vita.
Nel 1945 Siviero scrive: “Ed ora finita la Guerra, noi ce ne andiamo come il ricordo della guerra stessa. Lasciamo nelle mani delle autorità costituite la nostra opera, che fu sempre clandestina, per un amore più alto delle cose belle e del nostro paese”.
Daniele Mancini
Bibliografia e per ulteriori informazioni:
- Siviero, R., L’arte e il nazismo: esodo e ritrovo delle opere d’arte italiane, 1938-1963, Firenze 1984
- Bottari, F., Rodolfo Siviero, avventure e recuperi del più grande agente segreto dell’arte, Roma 2013